IN OCCASIONE DEGLI STATI GENERALI DELLO SPETTACOLO, È STATO PRESENTATO OGGI IL VOLUME “Scena Unita”

La storia e i risultati di un innovativo progetto di solidarietà creato per il settore della musica e dello spettacolo dal vivo. 

sono intervenuti

Tosca, Motta, Alberto “Bebo” Guidetti (Lo Stato Sociale), Brunori SAS, Eugenio Cesaro (Eugenio in Via Di Gioia), 

Fedez (contributo video) 

È stato presentato oggi, in occasione degli Stati Generali dello Spettacolo (venerdì 9 e Sabato 10 giugno a Officina Pasolini a Roma), il volume Scena Unita. La storia e i risultati di un innovativo progetto di solidarietà creato per il settore della musica e dello spettacolo dal vivo realizzato in collaborazione con VITA Società Editoriale.

Scena Unita – Fondo per i lavoratori e le lavoratrici della musica e dello spettacolo è stata l’iniziativa di solidarietà collaborativa promossa durante la pandemia dalle artiste e dagli artisti del mondo dello spettacolo per portare un aiuto concreto alle lavoratrici e ai lavoratori e alle realtà della musica e dello spettacolo dal vivo messi in drammatica difficoltà dal blocco delle attività imposto durante i mesi del lockdown.

Il fondo Scena Unita, gestito da Fondazione CESVI in collaborazione con La Musica Che Gira e Music Innovation Hub, ha raccolto complessivamente contributi per 4.780.000 euro, coinvolgendo 154 artiste a artisti e più di 100 realtà aziendali, oltre ad altri donor privati, e attraverso 3 bandi e un progetto di formazione, ha portato un contributo concreto a 1.601 lavoratori e lavoratrici, a 251 imprese individuali e un sostegno a 104 progetti realizzati e rendicontati. La procedura di valutazione e assegnazione dei contributi è stata svolta da CESVI sotto la supervisione del Comitato Tecnico Emergenza di Scena Unita, composto da: Ugo Bacchella, Stefano Baia, Curioni, Giorgia Cardaci, Demetrio Chiappa, Domenico Chiarello, Raffaella Cosentino, Luca Dal Pozzolo, Fabio Dell’Aversana, Paola Dubini, Fabio Fila, Giulio Koeliker, Fenia Galtieri, Lucia Maggi, Francesca Martinelli, Bertram Niessen, Antonio Princigalli, Andrea Ponzoni, Vittoria Puccini, Andrea Marco Ricci, Maurizio Roi, Gianluca Scarchillo, Emilio Simeone, Chiara Trabalza, Federica Vittori, Lucia Zanetta. 

Il volume che racconta la storia e i risultati del fondo è stato presentato in un evento moderato da Carolina di Domenico in cui sono intervenuti Alessio Pontillo (Presidente di DiSCo Lazio, Ente regionale per il Diritto allo Studio e la promozione della Conoscenza), che ha letto il testo di saluto di Francesco Rocca, Presidente della Regione Lazio, il Senatore Francesco Verducci (Commissione Cultura del Senato), Giusy Versace (vice presidente commissione cultura senato), Erica Battaglia (Presidente Commissione Cultura Roma Capitale) e le tre realtà fondatrici con Tosca, Motta, Alberto “Bebo” Guidetti (Lo Stato Sociale), Eugenio Cesaro (Eugenio in Via Di Gioia), Brunori SAS (in collegamento) e Fedez con un contributo video. 

La due giorni degli Stati Generali dello Spettacolo, evento promosso dalle associazioni La Musica Che Gira e Left Wingm in collaborazione con UNITA, Officina delle Arti Pier Paolo Pasolini e Scena Unita, sarà dedicata ai workshop che convergeranno nella conclusiva sessione plenaria che ha lo scopo di restituire bisogni, necessità e visioni per il futuro di un settore che ancora non ha visto la sua rilevanza produttiva, sociale e culturale davvero riconosciuta. Questo lavoro di sintesi, che si terrà nel pomeriggio di domani, sabato 10 giugno, a cui parteciperanno tra gli altri Federico Mollicone (Presidente Commissione Cultura, Scienza e Istruzione), Vittoria Puccini, Paolo Calabresi, Anna Foglietta, Claudia Gerini e Fabrizio Gifuni, sarà un punto di partenza per riprendere le interlocuzioni con il Governo e con chi può farsi carico di lavorare a livello istituzionale per dare inizio definitivamente a quel percorso di riforma che il settore dello spettacolo non può più attendere.

Scena Unita è stata un’esperienza importante per tutto il settore. Abbiamo spesso detto che la pandemia ha funzionato da acceleratore di consapevolezza per tantissime persone che in questo settore ci lavorano e che prima non avevano mai pensato di doversene occupare. Welfare, diritti, sostegni erano parole che stavano sullo sfondo della frenesia delle nostre giornate. Lo stop imposto dal Covid ci ha obbligati alla riflessione. Questa consapevolezza ha assunto forme molto vive di impegno, l’attivismo all’interno de La Musica Che Gira (associazione che raccoglie al suo interno in maniera trasversale molti professionisti del settore musicale) ne è un esempio. Scena Unita è un’esperienza arrivata in un momento in cui avevamo già maturato la necessità di una riforma strutturale e complessiva per il settore, e avevamo già percorso un pezzo della strada che ha portato all’approvazione per esempio dell’indennità di discontinuità. L’essenzialità di questa esperienza sta nell’aver non solo costituito un moto di altruismo, mutualismo interno al settore ma nell’essersi rivelata un modello virtuoso sul fronte della distribuzione dei fondi. Abbiamo assistito per anni ai finanziamenti a pioggia, anche per via di un settore mai mappato. Scena Unita dimostra come interventi economici puntuali, rapidi e ponderati sono possibili quando ci sono le intenzioni alla base e la conoscenza approfondita delle dinamiche che regolano internamente il settore. Ci auguriamo che questo sia un ulteriore tassello per costruire un modello con il quale chi gestisce le risorse pubbliche guardi al settore e interagisce con esso.

La Musica Che Gira 

Oggi con questa presentazione vogliamo ripercorrere le tappe di un sodalizio, quello tra CESVI, insieme a Music Innovation Hub e La Musica che Gira, che ha permesso di creare il fondo SCENA UNITA, uno straordinario strumento di finanziamento a cascata che, a più riprese, a permesso nell’arco di due anni, di sostenere le lavoratrici e i lavoratori del mondo della musica e dello spettacolo duramente colpiti dalle misure di contenimento del Covid-19. In una primissima fase, CESVI abituata a intervenire in contesti emergenziali da quasi 40 anni, ha portato le proprie competenze all’interno di SCENA UNITA, per creare un fondo di erogazioni in tempi rapidissimi: più di 1600 lavoratrici e lavoratori e oltre 250 imprese individuali del mondo della musica e dello spettacolo sono state aiutate con contribuiti a fondo perduto; in un secondo momento, con il Bando Progetti, CESVI ha partecipato alla valutazione delle oltre 100 iniziative selezionate sulle 1.211 presentate, per la ripartenza del settore in tutta Italia. Infine, è stato realizzato un progetto di formazione dei professionisti in ambito rigging e direzione di produzione, che ha coinvolto complessivamente 60 persone. Tutto ciò grazie all’incredibile generosità di artisti e aziende private che hanno costituito il fondo di 4.780.000 euro caratterizzato da un sistema di governance imparziale e trasparente in tutti i livelli del processo.

CESVI

Scena Unita ha consolidato le esperienze del fondo “Covid 19 Sosteniamo la Musica” che Music Innovation Hub aveva lanciato all’inizio della pandemia con Spotify, Fimi e la Fondazione Cariplo. Entrambe le operazioni hanno dimostrato che – soprattutto nelle difficoltà – è necessario “fare squadra” , collaborare e non competere, abbandonare gli interessi di categoria per obiettivi generali “di sistema”. Attivarsi per sostenere una categoria di lavoratori spesso dimenticata , ma fondamentale per la produzione di cultura popolare nel Paese, è stata anche l’occasione per rafforzare l’approccio solidale all’interno del settore musicale e promuovere uno sviluppo sostenibile. Superata la fase emergenziale è stata stimolare la ripresa dell’industria attraverso progetti locali in grado di generare impatto nei territori e sostenendo iniziative di formazione per lavoratrici e lavoratori che consentissero un rafforzamento delle competenze nel settore. Come impresa sociale il nostro auspicio è che Scena unita possa essere considerata un’esperienza in grado di indicare una nuova strada per rendere l’intero sistema musicale italiano più collaborativo e responsabile rispetto alle tematiche dei 17 SDGs al 2030.

MUSIC INNOVATION HUB

Ciao a tutti faccio questo video perché purtroppo non potrò essere presente a questa manifestazione fantastica. Sono veramente contento che si celebri un qualcosa che è partito da me e da un gruppo strettissimo di persone, un lavoro estenuante che ha regalato tante gioie e anche tanti mal di pancia devo dire, un progetto che mirava ad essere collettivo, non so francamente se poi sia stato effettivamente così. Ho vissuto con il rammarico che se ci fosse stata veramente più unione al posto di 4.780.000 euro avremmo potuto raccogliere quasi il doppio nella mia testa, ma rimane un progetto che ha dato un aiuto concreto a tantissime persone. Ringrazio tutti quelli che hanno cooperato, dagli artisti che in prima persona hanno donato e si sono messi a cercare i denari, a chi ha organizzato, a tutte le persone che hanno cercato di rendere operativa l’erogazione dei denari, che  forse è stata la cosa più complessa. Sono felice e dispiaciuto di non poter essere presente alla celebrazione di un progetto che ho fortemente voluto, ma sono contento che si celebri e si ricordi una cosa che in molti hanno forse dimenticato.

FEDEZ

Per noi la pandemia è stata innanzitutto una presa di coscienza, spesso puntavamo il dito contro l’opinione pubblica che vedeva il nostro come un “non lavoro”, ma questo probabilmente l’abbiamo interiorizzato noi, tant’è che con la pandemia ci siamo trovati a fare conti con questo non aver probabilmente mai preso in considerazione che questo fosse davvero un lavoro. Durante le riunioni ci è stato spiegato da esperti quale fosse il nostro stato, ci siamo accorti di quanto eravamo e siamo ancora frammentati. Di positivo c’è stata una presa di coscienza meravigliosa, abbiamo preso coscienza anche dei numeri che girano intorno alla musica, quindi non solo all’aspetto culturale ma abbiamo dovuto switchare e renderci pragmatici perché ci siamo accorti che per l’interlocutore politico era fondamentale capire l’aspetto numerico anche se per noi veniva in secondo piano. Io sarei dovuto partire in tour il 27 febbraio, è arrivato il lockdown e lì non si è fermato solo Dario Brunori, ma, cosa che abbiamo dovuto spiegare e rispiegare, il problema era per quelli considerati invisibili che lavorano intorno a me e così intorno a tutte le produzioni. Non siamo da soli a portare lo spettacolo, lo confermeranno anche gli altri colleghi, dietro ogni artista c’è un mondo. Nel mio caso nel tour che si è bloccato c’erano 70 persone direttamente coinvolte. Volevamo dimostrare che c’era del fatturato che andava tutelato e ci poteva essere per questo interesse dell’interlocutore politico. Concludo dicendo che l’altro dramma non era solo per i piccoli lavoratori per i quali è veramente importante l’indennità di discontinuità,, c’è anche il dramma di molti che hanno cambiato lavoro, di molti contesti e luoghi in cui io mi sono formato, che durante la pandemia hanno dovuto chiudere. Quindi un danno non solo dal punto di vista personale dei soggetti che hanno perso il lavoro ma anche di tutti noi della collettività che abbiamo perso dei contesti di diversità e arricchimento culturale che sono soprattutto questi piccoli contesti che non sono visibili – che per questo dobbiamo tutelare – e da cui viene fuori l’innovazione che poi noi applaudiamo quando le cose piccole diventano istituzionalizzate, grandi.

Brunori SAS

Il ruolo dell’artista come figura pubblica è centrale, aiuta e serve a togliere frizioni in luoghi di potere che riconoscono solo quello che già conoscono. Bisogna allargare il luogo di potere per far sì che dal portone delle istituzioni pubbliche tutti i lavoratori dello spettacolo riescano a passare. Qualcuno deve entrare a rappresentare almeno dal punto di vista iniziale quelle che sono le istanze ed è utile farlo fare a chi è già conosciuto, chi è già nelle case degli italiani, quegli artisti che fanno davvero una differenza dal punto di vista di una riconoscibilità popolare. Tuttavia l’artista è una persona, quindi inevitabilmente si perde, può non sapere le cose, può non provare interesse e quindi quando si va a parlare di sindacalizzazione o presa di coscienza abbiamo bisogno che esistano attività continuative, che ci sia la possibilità di costruire una narrazione in cui inserirsi anche se non si capiscono bene le cose, costruire un interesse. Per farlo si inizia a discutere, si parla tutti i giorni di quella cosa lì, insistendo, non dobbiamo illuderci o illudere che basti il grande nome. Le lotte durano anni e gli obiettivi non arrivano domani, ci vuole costruzione di movimento che è esattamente identica ad una costruzione di un movimento sociale, sindacale, civilista, umano di tutti gli altri settori. Non siamo diversi, questi sul palco e quelli giù dal palco sono tutti lavoratrici e lavoratori, non sono speciali, ed è stato importante riconoscerlo per la prima volta e non si può perdere di vista. Per fare ciò bisogna fare un esercizio di messa da parte dell’egocentrismo naturale che abbiamo. Abbiamo la necessità di costruire un percorso comune perché mangiamo dallo stesso piatto e secondo me l’obiettivo è quello di allargare questo piatto per far si che si possa vivere tutti meglio sempre di più.

Alberto “Bebo” Guidetti (Lo Stato Sociale)

Io ho iniziato facendo il fonico prima, il backliner, lavori importantissimi, e in qualche modo penso che siamo noi i registi di quello che accade sul palco e tocca a noi difendere le maestranze. Ma in che modo? Ho visto che dopo la pandemia tantissimi hanno cambiato lavoro e ho visto tanti miei colleghi andare a fare concerti da soli o con la crew ristretta e questa cosa è sbagliata. Ovviamente ci sono dei budget che lo devono permettere, però è importante far sì che i musicisti, i fonici, prendano i soldi giusti, perché lavorano meglio e poi perché ci guadagno anche io a livello di spettacolo che propongo. Va bene l’educazione, va bene tutto quello che possono fare gli altri però io mi sento molto responsabile del concerto che porto in giro e Scena Unita è un esempio di gente che si è unita per fare una cosa che non ci sarebbe dovuta competere perché nessun altro ha fatto niente. Secondo me è una cosa di cui dobbiamo parlare quando facciamo i budget, anche perché fondamentalmente è facile la matematica, l’artista può prendere meno soldi per pagare di più altri e di questo si parla sempre poco. Siamo abituati a deresponsabilizzarci, in realtà non dobbiamo. Quando sono andato a vedere un concerto di Tosca, era una meraviglia vedere così tanti musicisti sul palco, ma quella cosa costa. Tosca ha deciso in qualche modo di educare il pubblico a far sì che lo spettacolo fosse meraviglioso anche grazie a tutti quei musicisti sul palco, ed è importante parlarne.

Motta

Quello della gavetta è un percorso molto importante e noi abbiamo avuto la fortuna di farlo un po’ alla volta. Siamo nati nel 2012 e all’epoca esistevano varie opportunità per noi, abbiamo iniziato a suonare per strada, perché ci sentivamo più a nostro agio. A Torino esistono realtà anche molto piccole e grazie a questa rete siamo cresciuti gradualmente fino ad arrivare senza rendercene conto a concerti in cui la gente pagava un biglietto di ingresso a offerta libera e questo ci ha fatto capire che crescere voleva dire che le proprie capacità aumentavano anche in base al numero delle persone che avevamo davanti. Questa gavetta ci ha anche permesso di conoscere il pubblico e capire cosa raccontare e come raccontarlo. Ci sembrava scontato che esistesse questa realtà, ma quando poi siamo usciti da Torino, che ci ha dato la possibilità di essere artigiani della musica, abbiamo capito che non è sempre così. Ci siamo resi conto che questo non era uniforme in tutto il Paese e poco per volta alcune di queste realtà scomparivano, dando origine ad una forbice che si allargava sempre di più in cui la gavetta sembrava quasi fosse una perdita di tempo e che ci fossero scorciatoie per fare successo senza faticare. La realtà del salto nel vuoto adesso è come se fosse l’unica possibilità, tanti ragazzi si trovano nella condizione di investire somme ingenti solo per proporsi come realtà esistenti. Questo avviene perché non ci si è tutelati, non si è dato il valore giusto a queste microrealtà che hanno costruito attraverso una rete fatta di snodi capillari la comunicazione tra chi voleva crescere e chi voleva dare degli spazi, tra chi voleva fare i primi passi nella vita e chi li ha presi per mano e portati avanti. Io vorrei che chi si affaccia oggi a questo mondo abbia le stesse possibilità di noi che siamo partiti da Torino nel 2012, guardarsi indietro e provare a ritrovare quella capillarità che prima si viveva molto di più.

Eugenio Cesaro (Eugenio in Via Di Gioia)

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