La prima volta che si ascolta “Tossico” si ha l’impressione di entrare in una stanza chiusa durante una giornata di sole. All’inizio gli occhi si devono abituare all’oscurità. Bisogna fermarsi un attimo, senza fretta, aspettare, poi un po’ per volta appaiono i primi profili e le cose intorno diventano riconoscibili. E man mano che passa il tempo, dentro a quella stanza si acquisisce il senso della realtà, perché spesso la troppa luce acceca e nasconde i particolari molto più della penombra.
Battista è così. Non ha paura di scrivere le cose come le sente nel suo “io” più intimo e profondo e “Tossico” è un flusso diretto (quasi spietato nella sua urgenza), un inno che dà voce allo sconforto, lo riconosce e lo affronta. All’inizio l’ascolto può essere spiazzante e ci si può chiedere dove il brano vada a parare, ma alla fine non si riesce a resistere alla tentazione di cantare il ritornello come da migliore tradizione pop.
Con “Tossico”, Battista va a fondo e tira fuori le domande più scomode. Che poi sono le domande che i trentenni di oggi non possono non farsi.
«Spesso con ciò che scrivo mi piace porre domande anziché offrire risposte.
Le domande in questo brano dovrebbero scaturire dopo le frasi avventate enunciate in prima persona da un immaginario protagonista e rivolte a un genitore, un amico, una folla o nessuno in particolare.
Il testo è un flusso di parole e immagini sputate in forma di canzone. Pensieri che esprimono rabbia, sconforto, delusione, impotenza o sentimenti che scaturiscono dalla consapevolezza di non avere mai nulla sotto controllo.
Il tono è quello di un ragazzo capriccioso che se la prende con la madre perché quello che lei stessa gli aveva promesso non si è avverato. Penso sia una scena che rappresenti in qualche modo il rapporto della mia generazione con quella che l’ha generata e non è colpa di nessuno. Al di là dei conflitti generazionali, il periodo della pandemia non fa che martellare sugli interrogativi.
Chi è l’individuo? Cos’è la società? Non mi sembrano netti i confini.
Siamo davvero responsabili delle nostre azioni? Abbiamo davvero possibilità di scelta?
A tutto questo fanno da sfondo la noia da riempire con una dose, un futuro sempre incerto che nemmeno le paranoie (lecite o meno) sulle quali ci hanno detto di scommettere potranno spazzare via.
Non è facile accettare questa condizione, ma pare sia la regola che permane attraverso i secoli, senza vittime né carnefici»
Crediti
Testi e musica: Pierpaolo Battista
Produzione artistica: Marco di Nardo
Mix e master: Andrea Maceroni presso lo Slam Studio
Biografia
Foto: Val Monteleone – Gaiden Studio
Pierpaolo Battista (BATTISTA) è nato e cresciuto ad Avezzano, in Abruzzo.
La provincia gli ha regalato il silenzio e la ricerca del senso, il chiacchiericcio e l’indolenza, le occasioni mai avute e il tempo speso ad annientarsi.
Scrive per esigenza, perché non trova alternativa.
Le parole, come le note, sono materia da catturare e plasmare.
Ingloba ciò che vede, mastica ciò che sente e spesso lo vomita in forma di canzone o strumentale.
L’arte per lui è una scelta di vita, una chiave di lettura della realtà, un involucro con cui proteggersi e soffocare.
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