Con Italia, il nuovo racconto di Alessandro Cona, ci troviamo, fin dal principio e per la prima metà della vicenda, nel bel mezzo di un’insolita storia d’amore cubana on the road (che parte da L’Avana e arriva a Morocoa) che richiama le atmosfere de Il tè nel deserto e che coinvolge una sensuale oriunda (che di nome fa proprio Italia: nomen omen!) e un giovane ingegnere ligure, Diego. Storia che, a un certo punto e improvvisamente, si
sdoppia, tanto da coinvolgerci in una vertiginosa struttura a montaggio alternato, in cui non ci è subito chiaro che cosa sia prima e che cosa dopo. Fino a quando ci rendiamo conto
che, tutto ciò che abbiamo visto fino a quel momento (il viaggio della coppia fra ostelli, calles, barrios, danze cubane, bellezze locali e improvvisati mezzi di trasporto), non è altro che una metà della storia, che nasconde dietro di sé un antecedente tanto idilliaco quanto drammatico. E, mentre le pagine scorrono veloci sotto i nostri occhi e la vicenda va verso il suo epilogo, cresce in noi la sensazione che qualcosa di ineluttabile stia per accadere,
qualcosa di tremendamente dissonante e urtante. Ed eccolo lì: un gancio al centro dello stomaco, seguito (qualche pagina dopo) da un uppercut in pieno mento, che ci fa sentire il gusto del sangue fra i denti.
Italia ha il sapore intenso e aspro di un diario di viaggio di ambientazione caraibica, dove Cona ha modo di mettere in mostra tutte le sue potenzialità descrittive, maturate durante le sue esperienze dirette di globetrotter fra il continente europeo e quello sudamericano.
Lo scrittore ha il potere di ricreare, con le sue abili pennellate, un credibilissimo milieu latinoamericano che richiama fin da subito, col suo stile e il suo andamento, il colombiano Garcia Marquez della sua fase matura. Sullo sfondo, nitida, c’è la storia di Cuba con la parabola di Castro, la Guerra Fredda e la caduta del regime sovietico.
Ma questo racconto lungo è anche l’umanissima vicenda di una donna e di una madre sola, Italia appunto, che coltiva un sogno impossibile: che suo figlio di pochi mesi, René, possa lasciare l’isola di Cuba, coi suoi scorci fatiscenti e odorosi, e andare a vivere in Italia.
Ha una sola possibilità che ciò si possa realizzare e questa eventualità è proprio legata al suo compagno di viaggio Diego e a un (duplice) segreto, inconfessabile, che ella nasconde
(fino all’ultima pagina) dentro di sé.
Senza dimenticare che il libro è anche, nella seconda parte, una sconvolgente e modernissima storia metropolitana ambientata (questa volta davvero) in Italia, che fa sentire fortissimo il contrasto fra la cultura europea e quella oltreoceano. Di nuovo
protagonisti, come in un drammatico gioco di specchi, una coppia e un bambino (Nicholas), con la loro fragile normalità, pronta a infrangersi sull’altare di un frenetico e tecnologico arrivismo.
Cona col suo Italia convince. Il racconto, via via che le pagine procedono, prende sempre più quota e avvince, attraverso l’orchestrazione dei fatti messa in campo dalla sapiente
regia dello scrittore, l’utilizzo dei dialoghi sempre parco ma incisivo, l’andamento della storia che sa passare da piacevoli spazi descrittivi a concitati momenti di tensione e di nuovo a saporiti aneddoti, che hanno il gusto di un’assolata domenica cubana…
Mentre il finale della vicenda ci lascia con tanti e (giustamente) irrisolti interrogativi: l’enigma del destino che spinge gli uomini a percorrere strade imprevedibili, il dilemma di peccato e redenzione, il mistero della morte che lascia impietriti, l’istinto imperscrutabile della maternità.
Recensione di Samuele Alinovi